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[De-] corum [FN 9: Onians, Alberti and Filarete, cit. pp. 99-102.] e quelle di Quintiliano sull'idea di "Contrapposto" [FN 10: J. Shearman, Mannerism, Harmondsworth 1967, pp. 83-84; D. Summers, Contraposto, in "The Art Bulletin", 59 (1977), 3, pp. 336-61.] E fra Giocondo, verosimilmente, suggerisce quelle trasposizioni di procedimenti propri della filologia letteraria, di cui era maestro, che permettono a Raffaello di arrivare alle prime intuizioni sulle differenze stilistiche dell'arte antica [FN 11: Nesselrath, Il metodo archeologico, cit.].Perdipiú uno scambio tra i due campi e assicurato in quel periodo dall'identità di molti dei protagonisti. Se Bembo e, sopratutto, Castiglione avevano collaborato con Raffaello nella formulazione di un programma di studi antiquari, Trissino e Tolomei arrivano ad occuparsi personalmente di teoria dell'architettura, ed in specie di Vitruvio, dopo aver partecipato entrambi come protagonisti al dibattito sulla lingua [FN 12: Su Tolomei: L. Sbaragli, Claudio Tolomei, umanista senese del Cinquecento. La vita e le opere. Siena 1939; Migliorini, La questione cit., pp. 731-33; C. Tolomei, Il Cesano. De la lingua toscana, a cura di O. Castellani Polidori, Firenze 1974, pp. 77-9. Su Trissino: Migliorini, Questione della lingua cit., p.723; L. Puppi, Scrittori vicentini d'architettura del secolo XVI, Vicenza 1973, pp. 78-86; Neri Pozza (a cura di), Convegno di Studi su Gian Giorgio Trissino, Vicenza 1980; H. Günther, Studien zum venezianischen Aufenthalt des Sebastiano Serlio, in "Münchner Jahrbuch der bildenden Kunst", f. 3, 32 (1981), pp. 47-50.]. In questo dibattito i fautori della superiorità del latino sostenevano che il volgare era una lingua meno nobile per mancanza di regole ed il Bembo si era proposto di elaborarne proprio per redimerlo da questa inferiorità ed elevarlo alla perfezione del latino [FN 13: Migliorini, Questione della lingua cit., pp. 4, 9.]. Era quindi abbastanza naturale porre in termini analoghi la questione della nuova architettura, che avrebbe emulato quella antica solo seguendo delle regole o, ancor meglio, appropriandosi delle ben note regole che Vitruvio aveva proposto per l'architettura romana. Diverse altre coincidenze, di termini e di tipi di contrapposizioni, suggersicono l'ipotesi che l'esigenza, originata da motivi pratici e ideali, di creare regole per il volgare abbia influito in modo determinante sull'idea di sottoporre a regole anche l'architettura [FN 14: Ibid., pp. 14, 15 sulle ragioni di vario ordine che spingono a cercare regole per la lingua.]. Se Bembo vuole conferire al volgare una "certa ratio", la "certa ratio" è considerata da Filandro una parte fondamentale della teoria architettonica. E la contrapposizione letteraria tra la funzione dell'uso e quella della grammatica trova un parallelo nell'accesa polemica, testimoniata in vari passi di Serlio e Fliandro, tra gli "antiquari", i quali sostengono che l'uso di una qualsiasi forma in monumenti antiche ne legittima la riproposizione nell'architettura moderna, ed i "vitruviani", i quali invece voglione scegliere nell'antico le forme rispondenti alla grammatica del De architectura [FN 15: Serlio, Il Terzo libro, pp. 46, 116, 132, 155]. Tolomei potrà cosí impostare in termini nuovi, di confronto tra "uso" e grammatica, il confronto tra Vitruvio e l'architettura antica. 

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